Nel cuore degli accampamenti di Flos et Leo, prendono vita antichi mestieri che raccontano la quotidianità del Medioevo con rigore storico e cura dei dettagli. Il banco del conio mostra l’arte della monetazione, con la riproduzione delle tecniche usate per forgiare monete e sigilli; lo speziale accoglie i visitatori tra vasi e alambicchi, illustrando antiche ricette di un tempo in cui medicina ed erboristeria si intrecciavano; infine, l’usbergaio – mastro di maglie e protezioni – lavora anelli di ferro intrecciando pazientemente cotte e armature, mostrando come si costruivano le difese del cavaliere medievale. Ogni banco è animato da rievocatori esperti, pronti a dialogare col pubblico e a trasmettere il sapere di un’epoca lontana ma ancora viva nei gesti e nei materiali.
Il banco del conio era il luogo in cui si fabbricavano le monete, sotto stretto controllo delle autorità comunali o signorili. Qui, abili maestri zecchieri fondevano metalli preziosi — argento e oro — per poi batterli con conî incisi a mano, imprimendo simboli, scritte e stemmi della città. Il banco del conio non era solo un'officina tecnica, ma anche un centro strategico di potere economico: controllare il conio significava affermare la propria sovranità e garantire fiducia nei mercati. Le zeccherie, spesso ospitate in edifici pubblici, erano presidiate da ufficiali che vigilavano su peso, purezza e legalità della moneta.
Coniato nel XIII secolo, il grosso tortonese era una moneta d’argento emessa dalla città di Tortona, in Piemonte, durante un periodo di crescente autonomia comunale. Ispirato al più celebre grosso veneziano, il grosso tortonese rifletteva l’ambizione economica e politica della città di inserirsi nei circuiti commerciali dell’Italia settentrionale. Sul dritto solitamente compariva una croce, simbolo cristiano e di autorità, mentre il rovescio recava iscrizioni e simboli del comune. Usato soprattutto per i commerci, il grosso tortonese è oggi una preziosa testimonianza della vita urbana e della circolazione monetaria nel Medioevo.
Lo speziale si occupava principalmente della preparazione delle medicine e attività di vendita di spezie, erbe medicinali, profumi, essenze, colori (usati in pittura o dai tintori), cera, candele, carta e inchiostro, trattava anche dolci speziati preparati dallo speziale stesso. L'attività dello speziale era, in epoca medievale, una delle più redditizie.
Nel cuore delle città medievali la salute era nelle mani di due figure complementari: i cerusici e gli speziali.
I cerusici noti anche come “medici chirurghi” si occupavano di medicina pratica: curavano ferite, fratture, praticavano salassi e piccoli interventi chirurgici. La loro esperienza sul campo era essenziale, soprattutto nei contesti urbani e militari.
Gli speziali, invece, preparavano e vendevano medicamenti, unguenti, infusi e composti secondo le ricette tramandate dai testi arabi e latini, mescolando arte medica e alchimia. I loro laboratori profumavano di spezie, erbe e resine provenienti dall’Oriente, e spesso fungevano anche da punto d’incontro per intellettuali e studiosi.
Al banco dell’usbergo, l’usbergaio mostra l’antica arte della realizzazione delle cotte di maglia, intrecciando a mano migliaia di anelli di ferro secondo le tecniche medievali. Tra pinze, chiodi e modelli ricostruttivi, i visitatori possono scoprire come venivano forgiate le armature che proteggevano cavalieri e fanti nei secoli passati, toccando con mano il peso e la resistenza di una vera maglia metallica.